Isis, se l’Europa vuole sconfiggere i jihadisti tolga subito le sanzioni allo Zimbabwe

La violenza nella provincia di Cabo Delgado in Mozambico è tornata, ancora una volta, alla fine del mese scorso ha costretto alla fuga migliaia di persone. 
Negli ultimi 5 anni la popolazione locale è stata più volte drammaticamente colpita da un conflitto molto violento attraverso il quale gli jihadisti locali stanno cercando di instaurare uno vero e proprio Stato islamico. In queste settimane, il fattore jihadista si è unito alle difficoltà climatiche, i cicloni e la stagione delle piogge, rendendo così la combinazione molto pericolosa per le persone che scappano dalla violenza.
Come se tutto questo non bastasse, l’inadeguata missione della Comunità di sviluppo dell’Africa australe in Mozambico (SAMIM), che sta compiendo sforzi per espellere il gruppo radicale islamista Al Sunnah Wa Jama’ah (ASWJ) da Cabo Delgado, sembra non fare alcun progresso, è poco attrezzata e scarsamente equipaggiata, pertanto non efficiente come necessario, secondo tutti gli analisti della regione. Il gruppo radicale ASWJ, a cui si ispirano gli jihadisti locati, è stato fondato a Londra nel 2005. 
La situazione in Mozambico non solo non sembra migliorare, ma è alquanto confusionaria, sia a causa dei partner che combattono contro l’ASWJ che dei Paesi occidentali con interessi chiave nell’area.
Uno dei problemi più evidenti è legato al posizionamento regionale dello Zimbabwe, coinvolto nella forza SAMIM con 304 uomini che addestrano le forze armate mozambicane, lo Stato africano è anche rafforzato dal suo nuovo ruolo nel Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione africana, che stride però con quadro sanzionatorio che l’Unione europea ha imposto allo Zimbabwe dal 2002, seppur sia stato ridotto negli anni. Ad oggi 24 Stati membri dell’Unione Europea su 27 sono favorevoli alla revoca delle sanzioni nei confronti del Paese africano, eppure pare che il Regno Unito, nonostante la Brexit, voglia il mantenimento del regime sanzionatorio, utilizzando la sua influenza nei confronti di alcuni Stati membri dell’UE, come la Polonia.
Il motivo è semplice: la posizione britannica contro lo Zimbabwe ora si scontra con gli interessi francesi nella regione, i quali portano avanti l’obiettivo di uno Zimbabwe più attivo e forte nell’area affinché sia in grado di combattere in autonomia l’ASWJ e le altre minacce jihadiste potenziali.
È chiaro che sconfiggere l’ASWJ implica non solo di dover allargare la coalizione sul campo, ma anche l’alleanza strategica e il coordinamento tra i Paesi della zona. 
È certo che le attuali sanzioni dell’UE non stanno facilitando il ruolo regionale dello Zimbabwe e non lo aiutano a raggiungere l’obiettivo di sconfiggere gli jihadisti. Infatti anche le forze speciali del Botswana, del Lesotho e del Sud Africa, sono in difficoltà e si trovano ad operare da sole da più di 6 mesi senza un supporto adeguato. La situazione nella regione richiede un coordinamento più efficace e lo Zimbabwe può esserne l’attore principale.
L’Unione europea deve comprendere in questo momento così duro per il Mozambico e le zone limitrofe che le sanzioni devono essere completamente revocate, in modo da consentire allo Zimbabwe di migliorare il proprio impegno attivo nella lotta contro i pericolosi jihadisti dell’ASWJ.
L’idea di ritrovarci un nuovo Stato islamico in Africa dovrebbe terrorizzarci e farci comprendere quanto prima che rimuovere le sanzioni è una questione di realpolitik e di stabilità regionale, a maggior ragione ora che chi più le ha caldeggiate da sempre non fa più parte dell’Ue. È giunto il momento per una riflessione profonda da parte di Bruxelles su quali siano i suoi reali obiettivi in Africa orientale, ma la priorità dovrebbe essere la sconfitta dei terroristi Jihadisti dell’ASWJ, nonché l’espulsione del terrorismo dalla regione. 

di Alessandro Bertoldi
Direttore esecutivo istituto Friedman

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