UE, la Polonia sfida la leadership tedesca

Da mesi le istituzioni europee auspicano il raggiungimento dell’indipendenza dell’Europa rispetto alle forniture russe di energia e materie prime. Recentemente però le mosse di alcuni Stati dell’Unione ci fanno dubitare circa la reale esistenza della tanto invocata solidarietà europea e della assoluta buona fede di alcuni dei governi più aggressivi nei confronti della Russia.

Mi riferisco in particolare alla Polonia che si sta rapidamente e cinicamente sostituendo alla Russia negli approvvigionamenti alla Germania orientale. Quest’ultima sta infatti perdendo la propria autonomia nell’approvvigionamento di materie prime, che si fondava sulla diversificazione e sul North Stream, costringendosi ad affidarsi sempre di più a Varsavia. Il governo polacco approfittando di questa situazione sta portando avanti un’aggressiva politica di approvvigionamento bypassando la Germania e imponendosi di fatto come regolatore del mercato nella Germania orientale.

Fino a qualche mese fa la Germania era percepita come il leader economico dell’UE e come la locomotiva del continente. Oggi le cose iniziano a cambiare. Mentre Berlino assiste impotente alla distruzione delle condutture North Streams ed è costretta all’acquisto di GNL (gas liquefatto, ndr), a sei volte il prezzo del gas russo, anche il suo peso politico si sta progressivamente ridimensionando. Ma se una questione è abbandonare il più conveniente gas russo per acquistare il GNL dagli egemoni Stati Uniti, tutt’altra cosa è accettare che la Polonia diventi il Paese leader capace di dettare condizioni all’economia dei Paesi dell’Europa centro-orientale.

Quanto sta accadendo non è casuale ma fa parte di un disegno del governo polacco avvallato da alcuni partner internazionali, che punta, approfittando della situazione contingente, a sostituire la Germania come interlocutore privilegiato di Washington all’interno dell’UE, utilizzando proprio la tanto criticata forza di pressione derivante dalle forniture energetiche. Prova ulteriore della tensione che la Polonia vuole tenere alta nei rapporti con la Germania è a titolo esemplificativo l’assurda richiesta di 1.300 miliardi di dollari a Berlino come risarcimento per i danni inferti al Paese durante gli anni dell’occupazione nazista.

La cosa più umiliante è che l’attuale leadership tedesca pare non rendersi nemmeno conto di ciò che sta accadendo, accettando inconsapevolmente di cedere le chiavi del proprio mercato alla Polonia. Non si tratta soltanto di una crescente dipendenza logistica della Germania dalle strutture portuali polacche, ma anche di una subalternità nella destinazione prioritaria delle forniture alle esigenze industriali polacche che verranno sempre favorite rispetto a quelle tedesche chiaramente.

Questo percorso di egemonizzazione della politica energetica polacca è partito non troppo tempo fa: nell’agosto 2022 è stata completata la fusione tra le aziende polacche del settore energia-idrocarburi: PKN Orlen e Lotos. Nell’autunno dello stesso anno è stata approvata l’acquisizione della società statale polacca di petrolio e gas PGNiG da parte della stessa Orlen. Come ha evidenziato il CEO Daniel Obajtek, a seguito dell’accordo, PKN Orlen ha rafforzato la propria posizione divenendo la più grande azienda del settore dell’Europa centrale e orientale, con un fatturato di oltre 80 miliardi di dollari all’anno. Prima di una serie di fusioni nel 2021, questa cifra era di appena 33 miliardi di dollari. Oggi la PGNiG vende ad altri il gas pompato in Polonia attraverso Baltic Pipe. L’origine di questa fornitura è il gasdotto norvegese Europipe II, che già forniva il gas alla Germania ma che oggi per il 40% della sua capacità viene invece utilizzato per le consegne in Polonia.

Nel novembre 2022, Orlen ha poi completato la vendita di una parte dei propri asset alla compagnia petrolifera saudita Saudi Aramco: 30% delle quote della raffineria di Danzica, 100% del business wholesale, 50% delle quote di jet fuel di BP Europa SE, operante in 7 aeroporti polacchi. Aramco, in cambio di questa cessione, ha promesso di garantire le forniture di petrolio, che coprono il 45% della domanda dell’intero gruppo Orlen. Così è inteso che l’azienda polacca darà precedenza alle forniture in Polonia. L’alleanza di Orlen con i sauditi è di importanza strategica per la fornitura di materie prime non solo alla Polonia, ma anche a tutti i paesi dell’Europa centrale e orientale, e rafforza ulteriormente la posizione di Varsavia come leader macroregionale. “Abbiamo creato il più grande gruppo di società dell’Europa centrale”, ha dichiarato di recente il capo dell’azienda. Ancora di recente, PKN-Orlen ha lasciato intendere che non interromperà la propria espansione e che al momento sta valutando la possibilità di ulteriori fusioni e acquisizioni.

Già dal 2006, quando PKN-Orlen acquisì dalla controllata Yukos la grande raffineria di Mazeikiai in Lituania, il terminale di Butinge e l’oleodotto di Birzhai, i polacchi hanno cominciato a espandersi aggressivamente nell’Est Europa conquistando in poco tempo i mercati della Repubblica Ceca, della Slovacchia e degli Stati baltici. Ora, dopo che la monopolizzazione dell’industria polacca del petrolio e del gas è stata completata, PKN Orlen, che si è trasformata in un gigante espansionista, sta cercando di annettersi anche il mercato della Germania dell’Est, dove prime major come Shell, Eni e BP lavorano invece su base competitiva. PKN Orlen è anche forte nel settore della raffinazione del petrolio. E se nel 2000 il volume della raffinazione del petrolio da parte di questa società ammontava a 12,5 milioni di tonnellate, nel 2022 questa cifra è triplicata a 37,0 milioni di tonnellate.

Il Governo tedesco non solo sta permettendo un pericoloso precedente per la sua economia nazionale, ma potrebbe progressivamente perdere attrattività per gli investimenti in Germania e mettere a rischio la sicurezza energetica del Paese. Questa situazione in costante evoluzione non potrà che avere anche importanti conseguenze politiche all’interno dell’Unione europea.

Gli articoli originali pubblicati da EURACTIV:

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