Contraddizioni nel Governo sulle spese per la difesa

Francesco Lombardi

Il Ministro della Difesa Guerini, intervenendo ad un importante evento in tema di Spazio, ha lasciato intendere che è tempo oramai che anche in Italia le questioni riguardanti la difesa vengano affrontate con lucidità e pragmatismo. Nel contempo, però, ha specificato, con una chiarezza sul tema che a dire il vero era mancata ai suoi predecessori, che il nostro Paese non terrà fede alla promessa di raggiungere il 2% del PIL nelle spese per la difesa. Impegno assunto al Summit NATO in Galles nel 2014 da tutti i partner dell’Alleanza Atlantica. Ad oggi l’Italia impegna per la propria difesa circa l’1,2% del proprio PIL contro una media NATO del 2,52%; quest’ultimo dato è comunque fortemente condizionato dal valore statunitense in quanto Washington destina alla difesa più del 3,4% del proprio PIL. Europa e Canada spendono, in media, l’1,57%. Ed è a questo valore che il Ministro Guerini ha dichiarato di tendere, in particolare attraverso una serie di investimenti nel settore. Inoltre, in occasione di altri eventi pubblici, quasi negli stessi giorni, a Torino ed a La Spezia, lo stesso Ministro Guerini ha posto l’attenzione su una generalizzata (ed abissale aggiungiamo noi) distanza culturale tra le questioni della Difesa ed i cittadini, ed ancor più, presumibilmente, da una fetta significativa della classe politica. Non sappiamo se e quanto al crescere della cultura della difesa, invocata dal titolare del dicastero, effettivamente cresceranno i bilanci del ministero, e con esso la capacità del nostro Paese di giocare un ruolo, se non da protagonista, almeno da coprotagonista nell’agone internazionale. Perché, un’altra chiara affermazione del Ministro ha riguardato la strumentalità di un efficiente apparato militare rispetto alla credibilità internazionale, oggi ahinoi in progressivo calo, ed alla funzione che il nostro Paese può giocare nelle relazioni internazionali per perseguire gli interessi nazionali. Le parole del Ministro, ed il richiamo al realismo ed alla concretezza, sono di certo condivisibili, ma vogliamo chiederci chi possa essere il vero destinatario delle parole di Guerini. Siamo portati a ritenere che le parole del Ministro debbano essere principalmente ascoltate dai soci della maggioranza che sostiene l’attuale governo, dove è fortemente radicata una visione ideologica riguardo alla preparazione ed all’uso di strumenti militari. La questione degli F35, a lungo affrontata senza un reale confronto su capacità, debolezze, necessità, ritorni industriali, avanzamento tecnologico, etc, è solo la vicenda più nota. Siamo purtroppo pessimisti sul prossimo rilancio di un settore industriale in grado di far avanzare le competenze tecnologiche, di generare posti di lavoro qualificati, di catalizzare attenzione positiva verso l’Italia. Siamo pessimisti nella capacità del principale inquilino di palazzo Baracchini di interloquire su questi temi con il principale azionista dell’Esecutivo che solo un anno fa sbandierava la riduzione delle spese per armamenti come una conquista ed anche convincere il titolare di palazzo Chigi che la scorsa primavera pensò di togliere cinque fucili ai nostri soldati per promuovere borse di studio sulla pace. A quegli stessi soldati che imbracciando quei fucili difendono la pace in giro per il mondo.

 

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